Partendo dalla rivoluzione nel settore della produzione energetica per arrivare alla riconversione del parco veicolare si passa inevitabilmente per l’evoluzione della rete di distribuzione carburanti. Con quasi 23 mila punti vendita, la rete di distribuzione carburanti italiana è la più vasta in Europa. Le aree di servizio sono un nodo essenziale nella transizione ecologica, ma le imprese chiedono aiuto al governo e all'Ue.
La transizione ha reso ancora più evidente una serie di problematiche che caratterizzano il settore da anni. Un’altissima concentrazione di piccoli punti vendita che non ha conosciuto per lungo tempo un processo di razionalizzazione come dimostra il dato dell'erogato medio: l'ultimo dato pre-Covid parla di un 40% inferiore alla media europea. Non a caso, nell'ultimo decennio, i grandi gruppi si sono rafforzati; mentre si è accentuato l'ingresso di nuovi attori, i distributori indipendenti. Del resto, sono gli stessi gestori che riconoscono come la concezione tradizionale del distributore sia ormai prossima a lasciare il passo alla stazione di servizio del futuro. Un cambiamento è necessario, ma le aziende sono costrette a lanciare appelli al governo per non pagare lo scotto della transizione.
Assopetroli-Assoenergia ha evidenziato, in una lettera indirizzata al premier Draghi, al Ministro dello Sviluppo Economico e al Ministro della Transizione Energetica, come “La rete carburanti è sovradimensionata rispetto ai trend crescenti dei consumi e necessita di un piano di riorganizzazione e ammodernamento, finalizzato alla riconversione verso le nuove esigenze della mobilità low carbon".
La rete di distribuzione è capillare e “determinante per la diffusione di tutti i combustibili e vettori energetici alternativi, cruciali per la decarbonizzazione dei trasporti. Con particolare riferimento all'attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza relative alla diffusione di nuove infrastrutture per la mobilità elettrica si evidenzia come la rete carburanti possa agevolmente inglobare i punti di ricarica, limitando l'ulteriore consumo di suolo e sfruttando aree di rifornimento già conformi con la normativa sulla sicurezza stradale”. Perché questo avvenga sono necessarie una serie di misure a sostegno del settore: si va dalle "procedure semplificate per lo smantellamento e la bonifica della aree di servizio nelle città" agli "incentivi per l’installazione di isole di ricarica Fast o Super Fast charge per evitare un uso eccessivo di suolo”.
Rispetto alla tematica, Assogasmetano si è rivolta direttamente a Bruxelles: "L'Unione europea che ha imposto la riconversione dell'economia in chiave green sembra non voler prendere in considerazione il biogas come carburante della transizione. Un errore grave, a cui occorre trovare un rimedio”. Come sottolineato da Flavio Merigo, presidente dell’Associazione “Nei nostri impianti è in costante aumento la quota di biogas che viene distribuito alla clientela, arrivato ormai a una quota del 30% sul totale. Così come, con minimi accorgimenti tecnici, un domani nei nostri impianti potrà essere distribuito idrogeno, destinato ad alimentare una parte non indifferente dei mezzi di trasporto”. Per questo motivo, Merigo chiede che Bruxelles riconsideri la sua posizione sul biogas: “Si tratta di una tecnologia verde a tutti gli effetti lungo tutta la filiera. Lo stesso non si può dire per l'auto elettrica, almeno fino a quando l'energia non sarà prodotta solo con le rinnovabili. Perché allora privilegiare chi mette un bollino verde sull'auto, ma si alimenta di energia prodotta da fonti fossili?”.
Fonte: la Repubblica